Misconception, a way to mis-understand reality

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Project selected for Manifesta 12 Collateral Events

curated by Agata Polizzi and Lorenzo Madaro

 
 
 
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Luogo di nascita, piazza Giulio Cesare 59-foto su carta Titanium 32x48cm.jpg
 

La mostra é il risultato del progetto di ricerca concepito insieme da Niccoló De Napoli e Michele TIberio, che li ha portati a confrontarsi con le idee di fraintendimento e stereotipi, che spesso riescono a creare una vivida realtá che si sovrappone alla realta dei fatti. Questo a portato i due artisti a esplorare e confrontarsi con la comunitá Rom e Sinti, una realtá che piu di ogni altra é stata colpita da degli sterotipi.

Michele Tiberio nella sua indagine sceglie di immedesimarsi nella condizione di precarietà, si chiede quanto il controllo della propria identità sia possibile, che senso abbia nel tempo presente, quanto e perché sia ancora necessaria. 

La sua narrazione parte dai luoghi fisici dove la burocrazia “certifica” l’identità delle persone, la serie fotografica Luogo di nascita documenta in modo distaccato ma patinato spazi fisici che diventano non luoghi, scaricandoli così da quella ufficialità attribuita loro dal potere di etichettare chi siamo.  

Connessi strettamente a questo concetto i due elementi scultorei It is not flesh e Only time makes me invisible rappresentano per Tiberio l’adesione alla condizione di “invisibile” attraverso la rinuncia ai propri documenti che l’artista danneggia e brucia in un atto di disobbedienza, ribellione alla assurdità di certe imposizioni sociali ma al contempo anche sottrazione volontaria all’ordine che regolamenta i flussi di movimento attraverso i confini. 

In questi lavori oltre al valore simbolico del gesto c’è anche la specificità  dell’utilizzo del rame, una lega che più delle altre è connessa con l’idea di valore strumentale ed economico del metallo. Rame che torna come rimando alla cultura Rom e lega con sé l’idea di tangibilità ma anche di perdita, in un oscillante gioco tra ideale e reale, dove si confondono i livelli di lettura, come confuse sono le nostre idee sbagliate su ciò che non conosciamo.

Untitled, 2018 prosegue la riflessione sul valore del documento, come strumento di riconoscimento sociale, offrendo sotto forma di serie fotografica, una versione ironicamente beffarda della sacralità del sigillo che Tiberio trasforma in elemento pop, puramente decorativo, privo di qualsivoglia valore giuridico.

L’intenzione sperimentale nell’indagine sull’identità tocca il suo apice per Michele Tiberio in Me, formalizzazione spaventosa e ai limiti del mostruoso in cui Tiberio raccoglie in migliaia di pagine la sua identità digitale degli ultimi 10 anni in un alter ego che sfugge persino al suo stesso ricordo. Il carteggio ripropone una quantità enorme di dati, conversazioni, immagini e tragitti dimenticati, volutamente rimossi, dispersi nel tempo e nello spazio, ma conservati suo malgrado dalla Rete in un limbo infinito e senza controllo, in cui il diritto all’oblio sembra non avere dimora.

Ad addolcire l’intensa e a tratti amara riflessione sull’identità, la serie di scultore in vetro soffiato Future as an old reflection of us, un lavoro delicato e fragile, una popolazione aliena di piccoli esseri minuti e specchianti che riflettono nella loro superficie esterna l’immagine del sé, ricordando che dopo tutto ciò che siamo è dato essenzialmente da ciò che scegliamo di essere, quello che ci rende unici, se vogliamo anche speciali, nel rapporto con l’altro, è riconoscersi come simili.

Estratto dal testo critico di Agata Polizzi.